Avvento 2016

29 11 2016

Paesaggio con covoni e luna che sorge è il titolo del quadro di Van Gogh, di cui è visibile una copia nella nostra chiesa e da cui vogliamo lasciarci accompagnare in questo tempo di avvento.

La luna, di un giallo che la fa sembrare sole, emerge dalle colline e rima, in terra, con il grano. Una notte di luce solare. Una notte che rivela un giorno. Una notte di frumento.

La luna tradisce la luce che la illumina di riflesso diventando la fonte stessa: il sole. Il sole è il bambino-Dio in carne e ossa che, nel notturno lunare, sorge come Sole silenzioso. Occorre avere occhi-sentinella per scorgere ciò che sta per accadere: la notte è finita! E la luna lo segnala con il suo color giallo-grano.

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Il Sole che sorge senza abbagliare, ha, non solo il colore, ma anche la consistenza del grano. È morbido e fragile come un bambino in fasce. La sua fragilità però non è debolezza, ma è la forza irriconoscibile dalla nostra immaginazione nel pensare il divino. Dio ha la consistenza degli uomini: può essere avvicinato, toccato, preso, strattonato, accarezzato, spezzato. Proprio come si fa con il pane! Nel silenzio della notte, illuminata quasi a giorno dalla luna, il bambino Dio cresce per essere dato alla storia che non lo riconoscerà, proprio per quella inimmaginabile fragilità di pane che si spezza, di Dio troppo uomo per essere vero. Dio si farà mangiare, il Dio pane sarà incollato a ciascuno, come solo il cibo può essere, tutti i santi giorni fino alla fine del mondo, anche quando ci sentiremo più fragili, anche quando saremo noi quelli spezzati, senza possibilità di ricucirci da soli. Solo lui spezzandosi unisce, essendo fragile rinforza e nutre.

L’Avvento ci renda sentinelle in attesa di sfamare la nostra e altrui fragilità dell’unica fragilità che sfama e unisce. Possiamo permetterci il lusso di essere ogni giorno fragili, spezzati, stanchi, se veniamo ogni giorno resi pane buono da Gesù.

(dal foglietto settimanale)

 

 





VEGLIATE!

3 12 2014

Per aiutarci a vivere questo tempo di Avvento la liturgia ci propone un brano del Vangelo di Marco che racconta la storia di un padrone che ha molti servi che lavorano per lui, ognuno con un compito preciso. Un giorno, però,  il padrone deve partire, ma prima di allontanarsi ridistribuisce i compiti a ciascuno: “….dà il potere ai servi, a ciascuno il suo compito”. È la storia dell’umanità. Il padrone è Gesù che ha dato agli uomini il potere sul mondo ed un compito da assolvere.  Ma, al suo ritorno, vorrà sapere da loro quale uso avranno fatto del loro potere e delle cose messe nelle loro mani. Nel Vangelo Gesù non ha fornito notizie di curiosità, non ha annunciato scadenze, non ha scavalcato il presente ma è stato chiaro quando ha detto: “Vegliate!”.

Vegliare significa essere svegli, in attesa. Significa vivere un atteggiamento di servizio, a disposizione del padrone che può ritornare in ogni momento.

Vegliare significa orientare la nostra attenzione su ciò che è veramente importante avendo la consapevolezza del compito che ci è stato affidato e che intendiamo assolvere con impegno giorno dopo giorno.

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Vegliare vuol dire prendersi cura del nostro rapporto con Dio e non permettere che la nostra pigrizia e i mille affanni della giornata ci distolgano da ciò che è l’essenziale della nostra vita. E oggi più che mai è indispensabile avere a cuore questa relazione, sostenendola attraverso la preghiera che nasce dall’ascolto della Parola. Davanti a Dio il futuro si conquista col presente e si capisce partendo dal presente.

Vegliare vuol dire scrutare la nostra esistenza perché è il male che esce dal nostro cuore che veramente inquina la nostra vita.

Vegliare vuol dire assumere quegli atteggiamenti e quelle scelte che orientano i nostri giorni mostrando di essere capaci di andare anche controcorrente.

Un modo di vivere nuovo che comporta l’esercizio quotidiano della fedeltà, della coerenza, della compassione e del perdono, un modo che ci prepara al momento del ritorno del Signore Gesù.